Era l'alba. Il dottor Alberto uscì dalla porta di casa e, come faceva sempre osservò il cielo.
Per fortuna quella mattina era striato di rosa, segno che sarebbe stata una bella giornata, Scosse la testa e sorrise: sarebbe stata la stessa cosa con qualsiasi tempo. I suoi pazienti lo aspettavano e poco importava loro se c'era il sole o la pioggia. Quando aveva scelto di fare il medico non gli avevano certo detto di curare gli ammalati solo col bel tempo.
Alberto Valli aveva sessantacinque anni e l'età cominciava a procurargli un po' di acciacchi, presto forse avrebbe dovuto cercare un collega che curasse i suoi malanni.
Sorrise di nuovo e andò a prendere la sua bicicletta per iniziare le sue visite. Legò la sua borsa alla canna del veicolo a due ruote, si sistemò la sciarpa e il cappello e montò in sella.
La sua casa era proprio al limite del paese in una posizione comoda per lui per spostarsi e andare a visitare i suoi pazienti sparsi nei cascinali tra i campi.
Come ogni mattina il suo primo paziente era il vecchio Tonio, un novantenne dal carattere allegro e gioviale. Come sempre, anche quel giorno, lo aspettava sulla soglia di casa.
-Ciao, dottore- lo salutò.
- Ciao, Tonio, come va ?
L'altro allargò le braccia e con la mano destra si aggiustò il cappello.
- Come sempre, Vieni dentro. La mia Maria ha già preparato il caffè.
Anche quella era una vecchia abitudine di ogni mattina da anni. Il caffè, due chiacchiere e poi via con la sua bicicletta per i viottoli di campagna.
La seconda visita fu dalla signora Augusta, una vedova che aveva sempre più difficoltà a muoversi
per i dolori alle ossa e Alberto era solito ascoltare le sue lamentele, i suoi sfoghi.
- Con voi, Augusta - sospirò -il dottore non fa bella figura, purtroppo i rimedi non sono molti per alleviare i vostri dolori.
- Voi avete sempre una parola buona e per me è già molto.
Più tardi fu chiamato al cappezzale di un uomo ancor giovane ma alle prese con un brutto male.
Alberto cercò di rincuorare i familiari, ma purtroppo non vi erano più speranze. Perdere una vita umana era la cosa più dura da accettare per un medico.
- E' meglio che chiamiate Don Egidio: ora tocca a lui. Io purtroppo oramai non posso più fare nulla- disse con tristezza a una parente che lo guardava con uno sguardo interrogativo e nonostante tutto con ancora un filo di speranza, ma i miracoli li poteva fare solo qualcun altro.
Col cuore triste si allontanò da quella casa sulla quale l'angelo della morte non avrebbe tardato la sua visita.
Ad un certo punto si sentì chiamare ad alta voce.- Dottor Alberto, dottor Alberto!
Era un giovane trafelato che arrivava di corsa, la camicia fuori dai pantaloni, tutto arruffato.
- Calmati, Filippi. Cosa è successo? E' già ora?
L'altro si fermò, appoggiò le mani sulle cosce e cercò di riprendere fiato.
- E' ora,dottore, credo proprio che stia per nascere.
Alberto sorrise di fronte all'inquietudine del quasi padre e lo seguì. La moglie era assistita già dalla levatrice.
- Come va?
- Tutto procede come deve essere, dottore.
Non fu proprio un parto facile, ma dopo tre ore nasceva un bel giovanotto tutto urlante.
Il neo papà offrì un bicchiere di vino al medico.
-Brindate con me , dottore. Alla salute del mio Giulio.
- Alla salute di Giulio.
Brindarono e poi il dottor Alberto lasciò la nuova famigliola e uscì nel sole del mezzogiorno.
In quel momento l'orologio del campanile batteva i dodici colpi del mezzodì.
Alberto tornò a casa dove la moglie Ludovica lo aspettava per il pranzo, puntuale come sempre.
Consumarono il pasto chiacchierando del più e del meno, poi l'uomo andò a sedersi sotto il portico a fumare un sigaro mentre sorseggiava il suo caffè.
più tardi avrebbe aperto il suo ambulatorio, come ogni giorno avrebbe curato i suoi pazienti con medicinali e consigli.
Era una vita che gli piaceva, una vita che aveva scelto tanti anni prima e che aveva riempito i suoi giorni: non se ne era mai pentito.
Lui e la sua Ludovica non avevano avuto figli, ma quanti figli aveva curato e guarito, qualcuno l'aveva purtroppo perso, ma in fondo erano tutti figli del suo cuore.
Pensò a quello che aveva fatto quella mattina, accompagnò i suoi pensieri con quel suo sorriso che lo aveva accompagnato per tutta la vita, reclinò il capo sul petto e si appisolò.
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